giovedì 1 ottobre 2015

Fiera di Barbarà ad Alia, speciale dieta a base di libri e mortadella

Ecco, in esclusiva, l’intervista che si concede Raimondo Moncada mentre si prepara alla seconda edizione della “Fiera di Barbarà”, festival dell’editoria in programma ad Alia sabato 3 e domenica 4 ottobre 2015, per la direzione artistica di Francesca Albergamo. Prevista la presentazione del suo libro tutto in Siciliano “Chi nicchi e nacchi” e uno spettacolo dedicato alla Sicilia con il cantautore Ezio Noto e l’attrice Lucia Alessi. 

Intervistatore: “Come si sta preparando all’appuntamento?”
Moncada: “Ascolto musica, mangio, leggo e dormo. Dormire è importante, così come mangiare e ascoltare musica”. 
Intervistatore: “Come fa?”
Moncada: “A fare cosa?”
Intervistatore: “A fare tutte queste cose assieme?” 
Moncada: “Ci vuole esercizio. Tanto. La pratica è fondamentale per tutto. Devi entrare a regime. Iniziare gradualmente, a piccole dosi: oggi un pezzo di pane, domani un panino, dopodomani un filoncino con mortadella, sarde salate, olive e formaggio pecorino”. 
Intervistatore: “Sta seguendo una dieta particolare per Alia?”
Moncada: “Al filoncino sto aggiungendo una foglia di lattuga, per mantenermi leggero”. 
Intervistatore: “Cosa presenterà ad Alia?” 


Moncada: “Arriverò col mio filoncino incartato e dirò a tutti gli scrittori e artisti partecipanti: a favorire!”
Intervistatore: “Lei sì che è una persona educata. Non si innervosisce mai?”. 
Moncada: “Solo rare volte. Mi succede quando vado a una manifestazione di successo col mio filoncino sotto le ascelle e, al mio invito “a favorire”, tutti mi rispondono “grazie, ne prendiamo un po’ tanto per gradire”. Un po’ uno, un po’ l’altro e io rimango solo con l’involto di carta in mano”. 
Intervistatore: “Rimane almeno con le briciole, spero”. 
Moncada: “Neanche quelle. C’è sempre qualcuno che mi chiede pure le molliche”. 
Intervistatore: “Il prezzo della generosità si paga”. 
Moncada: “Colgo un aspetto positivo. Grazie a questo stratagemma mantengo la linea nelle occasioni che contano. Tutti mangiano e ingrassano mentre io spinno”. 
Intervistatore: “Spinna? Che vuol dire?”
Moncada: “Lei è di un’altra generazione di siciliani, quella che si è allontanata dalla propria lingua. L’ha avuta strappata di dosso. Anche noi, vecchia generazione, cresciuta a pane e siciliano, con l’odore caldo della lingua dei nostri nonni, siamo destinati a staccarci dal nostro idioma. Prima si parlava in ogni occasione. Ora, invece, si parla l’italiano: la lingua di tutti e di nessuno. Ma resistiamo finché possiamo. Ci vuole continuo esercizio. Parlandola, la lingua rimane appetitosa come la mortadella”.
Intervistatore: “E spinnare che significa”. 
Moncada: “Lo vede questo filoncino di pane caldo appena comprato ad Alia e imbottito con mortadella, prosciutto, salame, cacio cavallo, olio d’oliva, rosmarino, fette di uova sode…?”
Intervistatore: “Lo vedo…”
Moncada: “E sente anche che quando le parlo non capisce più niente di quello che le dico e non perché parlo il siciliano ma perché sto mangiando, masticando, gustando il filoncino imbottito con tutto quel ben di dio di cui ho ho fatto l’elenco prima?”
Intervistatore: “Il profumo mi arriva come uno schiaffo sulla faccia. Ma non potrebbe pronunciare adesso la magica frase: a favorire?” 
Moncada: “Non posso. Lo faccio per lei, per la sua cultura personale. Altrimenti non capirebbe dentro la sua carne, dentro il suo stomaco, dentro i suoi condotti inspiratori, il significato vero di spinnare!” 

Raimondo Moncada

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